Και μάλλον Έλληνες καλείσθαι...

"Και μάλλον Έλληνες καλείσθαι τους της παιδεύσεως της ημετέρας ή τους της κοινής φύσεως μετέχοντας" ΙΣΟΚΡΑΤΗΣ

(“Siano chiamati Elleni gli uomini che partecipano della nostra tradizione culturale più di quelli che condividono l'origine comune” ISOCRATE)

6 dicembre 2018

In profondità, nel mar di Grecia

Desidero condividere con voi questo mio racconto ambientato su una scogliera siciliana o magari nelle profondità di una baia del Mar Egeo. 
La storia mi è stata, in parte, ispirata dalla vita del compianto re degli abissi Enzo Maiorca e dell'enigmatico Jacques Mayol, e dal loro allievo Umberto Pelizzari, personaggi simbolo nel mondo dell’apnea. Ho avuto modo di approfondire le loro vite grazie alla bellissima esperienza che mi ha regalato la collaborazione con l’Anemon Production, casa di produzione ateniese che ha realizzato il documentario Dolphin Man dedicato a Mayol e al mondo dell'apnea.

Le incantevoli tele esposte in questo post sono realizzate da un caro lettore: grazie Vanni Painter! Potete visitare la sua galleria virtuale su Facebook.

Buona lettura!



In profondità
di Viviana Sebastio


Si spogliò e abbandonò i vestiti in auto. Su quel tratto di costa non c’erano né cabine né tantomeno bar. L’atleta distese sui muscoli levigati un cospicuo strato di crema ad alta protezione, adatta a quella pelle troppo chiara per difendersi dai morsi del sol leone.
Era arrivato in orario perfetto, tra poco avrebbe incontrato il suo mentore, si sentiva eccitato per questa occasione attesa da tempo. “È una leggenda vivente, finalmente conoscerò il più grande apneista di tutti i tempi”, pensava. Mentre attendeva di fronte al mare color cobalto, compiva ampi movimenti di braccia per sciogliere l’agile muscolatura, che di tanto in tanto palpava come per verificarne la tempra. Era molto orgoglioso dei suoi traguardi sportivi e delle sessioni di allenamento, lunghe e intense. “Non vedo l’ora di misurarmi con lui e con i suoi record. E poi, ha pur sempre almeno 30 anni più di me, farò la mia porca figura”, rifletteva l’atleta, mentre si compiaceva della capacità espansiva di diaframma e gabbia toracica. 

4 settembre 2018

Δίψα ζωής! Sete di vita... e di Grecia


Una chiacchierata con la bravissima collega Andrea Rényi che, per la rivista letteraria Flanerì, mi chiede anche alcuni consigli di lettura per conoscere meglio la letteratura neogreca.




Δίψα ζωής, Sete di vita! declama un gigantesco graffito dalla parete di un ampio edificio di Atene, e sentiamo subito pulsare millenni di vita e cultura, e un’irresistibile nostalgia per la Grecia, la sua gente, il suo mare, il luogo mitico. Viviana Sebastio coltiva questa passione e la condivide con i lettori italiani grazie alle sue traduzioni editoriali e ai suggerimenti che da ottima conoscitrice può darci sulla letteratura, sul cinema e sulla storia della Grecia contemporanea. In quest’intervista fa la somma e fornisce i mezzi ai lettori interessati: da principianti quali siamo, possiamo provare ad avvicinarci di più a quel paese splendido che è la Grecia.


Cara Viviana, comincio con la solita, inevitabile richiesta: ti vuoi presentare ai nostri lettori?

Non nascondo un certo disagio nel dovermi presentare in prima persona. Se dovessi compilare una breve nota biografica direi: Viviana Sebastio è traduttrice dal neogreco e dall’inglese verso l’italiano. Nata a Taranto, vive a Roma, dove si è laureata in Lingue straniere e traduzione alla Sapienza. Durante l’anno, trascorre lunghi periodi in Grecia, sua patria elettiva e faro che guida molte delle sue rotte e dei suoi approdi, negli studi e nel lavoro.


Un’altra domanda banale eppure imprescindibile: come e perché ti sei avvicinata alla professione di traduttrice editoriale?

La lingua greca esercita un forte potere su di me, arriva nell’intimo e mi rapisce l’anima, prima con il suono e poi con i suoi significati e significanti. Risuona in me come un richiamo archetipico, un’eco che giunge da un tempo e da un luogo lontani.
Il suo fascino è anche nell’alfabeto, che è un tutt’uno con la bellezza e la morfologia di questa piccola terra. Il poeta Odisseas Elitis esprimeva perfettamente questa coesione, esistente in «un’ortografia, dove ogni omega, ogni ipsilon, ogni accento acuto o ogni iota sottoscritta non sono che un golfo, un declivio, una roccia a picco sulla linea curva di una poppa che emerge»*.
Tradurre mi è, quindi, necessario per immergermi quanto più posso nella profondità di questa antica e pur sempre rinnovata lingua, per cercare di godere appieno della sua poesia e, non in ultimo, per condividerne la ricchezza e il potente fascino, perché la gioia se condivisa si moltiplica.
Anche per questo motivo, oltre a dedicarmi alla letteratura, realizzo, quando posso, rassegne di cinema greco contemporaneo e laboratori ludico-didattici, finalizzati ad avvicinare i partecipanti alla lingua greca, attraverso la lettura di favole, in mia traduzione.


29 agosto 2018

Verso Creta, verso l'alto... "E se non lo capisci, non te lo spiego"




Ad Anogia non ci si va per visitare vicoli pittoreschi, architetture tradizionali e paesaggi da cartolina.
Si va ad Anogia per la sua gente, per la sua storia e per la sua potente tradizione musicale.
Il paese sorge tra le alture cretesi del massiccio dello Psiloritis, a 35 km a sud di Iraklio. 
Nel corso degli ultimi due secoli il villaggio è stato dato alle fiamme per ben tre volte, dagli Ottomani prima e dai Nazisti poi, ma ogni volta i suoi abitanti lo hanno con pervicacia ricostruito e ripopolato.

Ogni anno, ad Anogia si celebra il ricordo di quel giorno nefasto, quel 13 agosto del 1944 quando i Nazisti entrarono nel paese e iniziarono a dare alle fiamme tutte le abitazioni.

L’ordine fu impartito dal Gen. H. Miller per la presunta presenza di partigiani e di loro favoreggiatori. C’è chi, messo in allarme, fece in tempo a fuggire, ma una parte della popolazione rimase intrappolata dalle fiamme e dalle macerie provocate dalla dinamite nemica. Furono catturati molti uomini e fucilati. La rappresaglia durò ben ventitré giorni, finché non fu raso al suolo l’intero paese, con le sue 940 case e la sua scuola. Nonostante ciò Anogia è risorta.

Ad Anogia, dove si vive per lo più di pastorizia, ruolo vitale è giocato dalla musica, che come testimonia un abitante è: “la nostra quotidianità, la nostra acqua, il nostro caffè, il nostro cibo. Senza musica non potremmo vivere”. 
“Siamo nati musicisti, danzatori, siamo nati μερακλήδες (meraklides)*”, dice un’anziana donna, mentre arrivano da una finestra aperta le note di un laùto.