«Gli
artisti hanno saputo vedere la meschinità e l'inadeguatezza del
sistema politico, la caduta dei valori, l'ansia di trovare una
soluzione». Una intervista con l'autrice di «Ritorno a Delfi»
Ho
incontrato Ioanna Karistiani circa un mese fa, nel bel mezzo delle
più infuocate manifestazioni di piazza. Il luogo dell'appuntamento
era la libreria della casa editrice Kastaniotis, l'editore che ha
pubblicato e continua a pubblicare tutti i suoi libri. Le strade di
Atene che ho percorso per arrivarvi hanno aperto uno squarcio loquace
sulla situazione economica e sociale della Grecia di oggi. Negozi
chiusi uno dietro l'altro, avvisi di vendesi e affittasi, ingialliti
dalla pioggia e dai giorni passati, in mezzo alle polvere e alle
cartacce, spesso con le vetrine in frantumi. Nessuno fa più caso a
questi annunci ormai inflazionati. Con queste immagini negli occhi
sono arrivata all'incontro con Ioanna Karistiani, una delle voci più
note nel quadro della narrativa contemporanea greca, autrice di una
decina di romanzi, di cui cinque tradotti in italiano.
Come
è, vista dall'interno, la crisi che ormai da alcuni mesi soffoca la
Grecia?
Dell'attuale
situazione in Grecia, e più in generale in Europa, parlano i numeri.
Le percentuali d
ella disoccupazione nell'Unione Europea sono
impressionanti: quasi il 24% in Spagna e il 19,9% in Grecia - mi
riferisco alla disoccupazione registrata perché quella non
registrata si avvicina al 30%. Penso che l'odierna Unione Europea non
abbia il volto della famosa signora Merkel ma quello dello
sconosciuto disoccupato. Tutte le dita sono puntate contro la Grecia:
finita l'epoca dei sacri allori, ora si trova a essere esposta a una
generale denuncia. In realtà il vero problema è il fallimento
dell'Unione Europea che in questa crisi ha dimostrato di essere un
organismo instabile e precario. In questi anni il sistema politico in
Grecia ha trovato il modo di arricchirsi con i bagliori dei Giochi
Olimpici, ingannando il mondo intero. E tutto questo è sembrato
strano prima di tutto a noi greci perché negli ultimi duecento anni,
dopo il dominio turco e quei lunghi secoli di dominazione, siamo
passati attraverso le guerre del 1877, il conflitto balcanico, poi
c'è stata la catastrofe dell'Asia Minore, la seconda guerra
mondiale, quella civile, l'emigrazione di massa, la dittatura. Ci
eravamo convinti che il nostro destino fosse la privazione, la
dipendenza dagli stranieri, le anomalie politiche.
Ma
a un certo punto tutto questo è cambiato...
Sì,
con ritmi molto veloci dalla casa povera senza riscaldamento e senza
mobili si è passati alla possibilità di avere una casa migliore,
prendendo dalle banche prestiti che venivano dati con grande
facilità. Un intero popolo si è perso in questa facilità di
erogazione di beni, in precedenza inconcepibili per un greco dalla
vita stentata. Ancora negli anni ottanta, l'unico ornamento sulle
pareti delle case - senza riscaldamento, né divani, con un pollaio e
un orticello - erano le fotografie a colori dei familiari emigrati in
Germania, che posavano davanti all'automobile nuova, di quelli
emigrati a Baltimora che posavano davanti al barbecue in giardino,
dei parenti volati in Australia che posavano nelle loro gite con le
giacche da sci. Questo era l'unico ornamento. Da un certo momento in
poi però anche i greci - con i loro bravi prestiti sulle spalle -
hanno potuto mandare le fotografie ai famigliari all'estero. Molti
greci si sono fatti il passaporto, non per andare a lavoro nelle
miniere di carbone del Belgio e in Australia, ma per viaggiare
all'estero come turisti. Non erano la maggioranza dei greci quelli
che si erano acquistati beni materiali incredibili e ogni sera
andavano nel locali di bouzouki, questa è una falsa immagine. La
grande maggioranza non è formata da fannulloni e avventurieri, ma da
persone che hanno lavorato duramente, che non avevano ville con
piscina o yacht e che oggi sono tutti in una situazione drammatica:
le loro case sono vendute all'asta. In cosa hanno sbagliato? ce lo
spieghi il signor Pangalos che dice: «I soldi ce li siamo mangiati
tutti insieme!». Qualcuno ha visto qualche briciola? In questo
momento il prezzo più caro non lo paga il sistema politico ma il
cittadino e per primo il pensionato più povero, ormai costretto a
vivere con i centesimi.
Ma
i ricchi sono chiamati a pagare? Le loro proprietà vengono tassate,
non è così?
No,
non pagano. I ricchi hanno portato i loro soldi all'estero e non
sapremo mai se sono stati tassati, quanti sono questi soldi e se
torneranno mai in Grecia. Le ville, le case e i colossi alberghieri
costruiti a Mikonos, a Paros e a Santorini erano stati intestati a
società offshore, perché il capitalismo stesso aveva escogitato
mille maniere per venire incontro alla propria clientela: i paradisi
fiscali. Qualcosa che un semplice operaio, un impiegato statale, un
dipendente privato, un libero professionista (come noi scrittori che
ci troviamo ora in grande difficoltà perché nessuno ci paga più)
non possono fare. Non ci è passato mai per la testa. E le tasse le
abbiamo sempre pagate normalmente. Quelli che oggi hanno un grave
problema economico in Grecia sono quelli che non hanno nessuna colpa
e sono anche quelli che si pongono un problema di coscienza. Non mi
piaceva quando osannavano ingiustificatamente il mio paese, non mi
piace ora che umiliano il popolo greco. Voglio giustizia. In Grecia
da decenni paghiamo un mare di soldi per gli armamenti come se
fossimo in una continua guerra non dichiarata. Abbiamo comprato carri
armati senza ricambi dalla Germania, abbiamo comprato aeroplani senza
radar, abbiamo comprato sommergibili che affondano, a riprova che il
nostro sistema politico è un sommergibile che affonda, ma ai miei
occhi è la dimostrazione che anche i dignitari dell'Unione Europea
sono un sommergibile che affonda.
In
che maniera la situazione della Grecia potrebbe migliorare?
Stiamo
vivendo situazioni inedite, come se fossimo sottoposti a una valanga,
un capovolgimento dopo l'altro, come se non funzionasse niente. Viene
smontata giorno dopo giorno non solo tutta la nostra vita, non solo
il mondo come lo conoscevamo, ma anche il futuro, non ci sono più
certezze. Come nel 1973 in alcune città degli Stati Uniti, in
quattro giorni c'erano stati 163 trombe d'aria che avevano raso tutto
al suolo, e di recente ancora nel Kentucky e a Indianopolis altre 85
trombe d'aria hanno distrutto tutto, qualcosa di simile succede in
Grecia: è andato distrutto lo stato sociale, l'organismo delle case
popolari, i contratti collettivi di lavoro, l'impossibilità per gli
ospedali pubblici di funzionare,nelle scuole ci sono stati casi di
denutrizione, mancano i libri, non c'è riscaldamento in un inverno
che invece è stato molto freddo.
Ho
sentito dire che nelle scuole i professori ultimamente non vengono
più pagati. È un'informazione che risponde a verità?
In
parte è vero, molti professori a contratto non vengono pagati. Regna
l'indifferenza, si vedono facce scontente e insoddisfatte. Ma sono
andata in più di duecento-trecento scuole in tutta la Grecia e ho
visto molti professori che si danno da fare per sostenere i ragazzi.
Fanno lezioni supplementari senza essere pagati, nei pomeriggi o la
domenica, lezioni di recupero ai ragazzi più deboli, organizzano
attività culturali, cercano di dare affetto e motivazione agli
studenti. I ragazzi di oggi sono la generazione più sfortunata, non
possono programmare il loro futuro, non ci sono più le passate
certezze, è come una generazione finita. Cosa accadrà, proprio
perché è una situazione inedita, nessuno può prevederlo con
certezza. Credo che tutto debba ricominciare dall'inizio, con basi
diverse e più solide. Quello che sento è che la povertà può
dimostrarsi un legame molto forte, non solo per i greci, ma per i
cittadini d'Europa, un legame tanto potente da andare oltre le
differenze nazionali, di razza e di religione. Ho partecipato a quasi
tutte le manifestazioni e qualche volta mi spaventa vedere volti
incattiviti e fuori di sé, perché mi rendo conto che le cose
degenerano. Ma non mi piace neppure vedere teste chine. E penso che
ci sono due armi di cui nessuno può valutare la gettata: una è la
povertà e l'altra è il bisogno esistenziale dell'uomo di un respiro
libero, di dignità. Ho l'impressione che a un certo punto le teste
chine si solleveranno all'improvviso.
Alcune
manifestazioni sono state particolarmente violente, le immagini con i
palazzi messi a fuoco hanno fatto il giro d'Europa. Sono reazioni
spontanee?
La
mancanza di prospettive, la mancanza di lavoro, di una visione per il
futuro, sono secondo me la forma peggiore di violenza, capace di
liberare altre forme di reazioni brutali. Me lo aveva detto un
magistrato, durante i fatti del 2008, a dicembre, dopo l'omicidio del
ragazzo, di Alexandros Grigoropoulou: la rabbia è la giustizia dei
disperati. A quello che è successo allora ad Atene non si è data
una giusta valutazione. Io credo che i ragazzi di quindici, sedici e
diciassette anni vedano le cose con chiarezza. Hanno un istinto sano
e incontaminato che permette loro di capire subito cosa è giusto e
cosa non lo è. Chi è colpevole e chi innocente. E molte volte la
loro ribellione, quando si accumulano tutti questi pesi sulle loro
spalle, diventa disordinata e sfrenata.
Queste
ribellioni dunque non hanno alle loro spalle una qualche
organizzazione?
No,
se qualche organizzazione c'è è solo di piccoli gruppi, che hanno
accumulato molta rabbia e finiscono con il rivolgerla alla
distruzione. Molte volte nelle manifestazioni vedi persone di
cinquanta o sessant'anni che ormai non si tirano più indietro quando
accadono queste cose, quando brucia una banca per esempio. Ho visto
persone applaudire, perché è come se la gente ritenesse ormai che
le banche sono la reggia della nostra epoca. In una società c'è
forse un maggiore esplosivo della disoccupazione? Come può un uomo
di cinquant'anni tornare a casa, aprire la porta, entrare in casa e
dire a sua moglie e ai suoi figli «Mi hanno licenziato, non ho più
lavoro!» e non c'è possibilità di trovarne un altro. C'è
un'infelicità e una tragedia maggiore di questa?
A
questo punto è inutile chiedere «Come va il libro in Grecia?» La
risposta è implicita, mi sembra. Non c'è tempo né voglia,
immagino, per i libri, per la cultura.
No,
direi quasi il contrario. Non sono poche le persone che
disperatamente cercano e hanno
bisogno della cultura. Proprio perché
sono diventati il bersaglio, sono stati considerati ingiustamente
colpevoli in massa i greci come imbroglioni, fannulloni, buoni a
nulla e scansafatiche, loro cercano di nuovo la propria vita. E,
inoltre, non avendo nessuna colpa, si chiedono: «forse ho sbagliato,
in cosa ho sbagliato, che ho fatto?», e vanno alla ricerca della
loro parte migliore. Cercano, in questa caduta libera, di aggrapparsi
a qualche ramo. Per questo rappresentazioni che costano poco e che
hanno un contenuto serio e profondo sono seguite da persone che hanno
bisogno di sentire il calore di persone che condividono la stessa
sorte. I ricchi non vanno a vedere questi spettacoli. Non vanno a
sentir parlare di una raccolta poetica. Ci sono insomma persone che
cercano di fare qualcosa. Ora nascono mercatini in cui si vendono
libri a prezzi bassi e sono tante le persone che se ne vanno via con
quattro o cinque libri comprati per pochi spiccioli. Cercano dunque
di scoprire la loro parte migliore per ricostituire una vita su basi
migliori, per avere uno sguardo critico su loro stessi, sul potere,
su quanto accade. C'è bisogno di questo.
È
interessante ad esempio che il Centro del Libro abbia promosso
quest'anno un nuovo programma di finanziamento della traduzione.
Dall'altra parte il ministero della cultura continua a dare borse di
studio a ragazzi stranieri per venire in Grecia a imparare la lingua.
Ci sono contraddizioni inattese, all'apparenza incomprensibili.
Il
ministero della cultura in Grecia, in particolare, deve dare ai
teatri le sovvenzioni che annualmente ammontano soltanto a tre
milioni, che non è una grossa cifra. Ci sono molti teatri in Grecia,
buoni gruppi, delle rappresentazioni di qualità. Ogni anno si fanno
da dieci a quindici rappresentazioni di ottima qualità. I soldi sono
pochi, da tre anni ormai non danno più niente. Il Centro greco del
cinema ha praticamente chiuso i battenti, non pagano il dovuto, lo
Stato deve rimborsare l'iva ai produttori cinematografici da due o
tre anni, non riesce a far fronte agli impegni presi. Anche, l'Ert,
il canale principale della televisione greca, non paga più. Nessuno
ci paga più. Ed è saltato anche il Festival di Erode Attico e il
Festival di Epidauro, secondo quello che hanno scritto i giornali
qualche domenica fa e questo segna una sconfitta davvero pesante
anche per chi non andava a Epidauro. È un'altra conferma del fatto
che ormai non esiste più quello che credevamo il nostro paese. E
tutto questo ci arriva come l'ennesimo schiaffo dopo la festa fatta
con le Olimpiadi. La festa che ha distrutto la nostra economia, ha
ingannato grandi e piccoli, ha presentato un'immagine falsa, che non
aveva nessuna copertura finanziaria, che non ha lasciato
infrastrutture. Le Olimpiadi non sono state la festa dell'atletica,
ma delle imprese.
In
questo momento ci troviamo ospiti di una casa editrice. Qual è la
situazione dell'editoria?
Due
anni fa hanno chiuso cento librerie in tutta la Grecia; l'anno
scorso, nel 2011, devono aver chiuso intorno a 150 librerie. Per una
città di provincia è una grande sconfitta non avere una libreria,
con i rapporti che tradizionalmente il libraio riusciva ad avere con
i suoi clienti... li conosceva, poteva consigliare dei libri,
potevano discutere. È inconcepibile che possa esserci una città di
ventimila o trentamila abitanti o magari anche più grande senza una
libreria. Negli anni dello sperpero c'è stato il boom dei colossi,
si sono costruiti molti centri commerciali, sono nate molte
sfavillanti e sontuose catene... In questo momento le case editrici
sono messe a dura prova perché dal momento che molte librerie
chiudono e che c'è una grande caduta del fatturato, non possono far
fronte agli obblighi presi, le grandi catene non rendono soldi, gli
scrittori non vengono pagati, gli impiegati delle case editrici e i
librai non vengono pagati e gli editori che negli anni precedenti
potevano avere un certo movimento, non folle ma sensato, si trovano
ora in una situazione drammatica. Non è certo che tra un anno tutti
questi editori ci saranno ancora. Una conseguenza immediata sarà che
diminuiranno anche le traduzioni straniere e l'acquisto dei diritti
d'autore, diminuiranno le edizioni di libri greci. Ma ci sarà anche
un'altra conseguenza: un bravo scrittore di racconti, di romanzi, un
poeta, un saggista avrà maggiori difficoltà a trovare un editore.
Naturalmente le percentuali degli scrittori diminuiranno ancora e noi
non so cosa faremo. Io non ho neppure un po' di terra da
coltivare...
Gli
scrittori, gli artisti hanno preso posizione su questi problemi solo
a livello individuale? Ci sono state manifestazioni pubbliche
collettive?
Negli
ultimi anni quasi tutti gli scrittori e, in genere, gli artisti hanno
rilasciato interviste, hanno firmato dichiarazioni, hanno dato vita a
proteste collettive ma tutte queste cose, tutti questi problemi che
crediamo scoppiati all'improvviso, erano già presenti nei loro
libri, nella musica, nella poesia, nel cinema, nel teatro. La nostra
posizione e il nostro sguardo sono stati sempre certi. Abbiamo visto
con chiarezza la meschinità e l'inadeguatezza del sistema politico,
il problema dello straniero, la caduta dei valori, l'ansia di trovare
una soluzione, la necessità di una svolta e di un nuovo orientamento
da dare alla nostra vita. Quando dico tutto ciò non penso solo alla
Grecia, penso a molte nazioni che si trovano in questo momento in una
condizione analoga. Mi auguro che anche voi in Italia non dobbiate
vivere tutto questo, che non debba viverlo nessun altro paese. Non mi
importa, preferisco che dicano che siamo l'unico paese in cui i
ragazzi svengono per la fame a scuola. Non voglio che altri paesi
debbano soffrire tanto. Questa vergogna posso sopportarla purché sia
solo mia e non vada altrove.
Dal quotidiano Il Manifesto del 28 aprile 2012
ciao da atene
RispondiEliminacome tarantina guarda,se non lo conosci il dopolavoro filellenico su fb e altro
http://southeurarc.blogspot.com/
Grazie, un articolo importante e illuminante.
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