Ho visto
"Mavro livadi" nel 2011 in occasione del RIFF Festival di Roma. Era una delle
ultime pellicole in programma, proiettata in tarda serata, ma indubbiamente una
delle più belle. Le sue atmosfere
avvolgenti e rarefatte unite alla trama, mi sono rimaste nell'anima per giorni, facendomi desiderare, non solo di rivedere quel film, ma anche di condividerlo con altri, come
si fa per qualsiasi opera che ci sia piaciuta in modo particolare e che amiamo consigliare agli amici. In
questo caso, però, la proiezione del RIFF sarebbe rimasta unica, perché il lungometraggio di Marinakis non ha avuto distribuzione in Italia.
un’altra
proiezione. Così contattai il regista Vardìs Marinakis per rivelargli il mio
proposito, ovvero sottotitolare il suo film in italiano (la prima proiezione
romana era con sottotitoli in inglese) e trovare nuovi spazi per proiettarlo. Vardìs
con solerzia e disponibilità mi rispose inviandomi il film e concedendomi
l’autorizzazione a procedere.
"Mavro livadi" è ambientato nel 1654, quando la Grecia è ancora sotto l’impero ottomano. In
quei secoli di dominazione, non era facile sopravvivere alla brutalità di quel
dominio. Spesso i giovani di famiglie cristiane – greche, albanesi, bulgare e
altre - erano vittime del devshirme
(in greco παιδομάζωμα - pedomàzoma - "raccolta di bambini") ossia dell’arruolamento
forzato nell’esercito turco ottomano. Ragazzi tra i 12 e i 16 anni venivano reclutati
per formare il corpo scelto dei Giannizzeri, i quali, benché cristiani
d'origine, sotto le armi diventavano i più fanatici e feroci difensori
dell'Islām.
Per sfuggire
a questa “tassa” che l’Impero ottomano imponeva alle sue terre di conquista,
alcune famiglie nascondevano i propri figli nei monasteri.
In “Mavro livadi” uno dei protagonisti è proprio un giannizzero che, gravemente ferito, approda col suo cavallo esausto, sul prato antistante a uno monastero dell’entroterra ellenico. Le monache lo soccorrono e lo curano, ma al contempo è loro prigioniero, perché presunto disertore. Una di esse, la delicata Anthì, lo assiste con dolcezza edevozione. Tra i due sembra nascere un sentimento di intesa, forse di amore. Man mano, l’uno tramite l’altra, e viceversa, compie un viaggio di scoperta di sé; ciascuno dei due, rispecchiandosi nell’altro/a, scopre un nuovo aspetto della propria natura. Avviene, in ciascuno di loro, una “metamorfosi”, un’evoluzione, che fa emergere l’Anthì-femmineo nel giannizzero e il giannizzero-mascolino in Anthì, ciò che era apparentemente agli opposti, si scopre essere un tutt’uno che si incontra e si unisce.
Non sempre
siamo ciò che crediamo di essere o ciò che ci hanno imposto di essere. Come il
giannizzero e Anthì sono “vittime” della barbara pratica del dervshirme, anche noi siamo o siamo
stati vittime di stereotipi, costrizioni sociali o di ripetitive dinamiche familiari.
Come i due protagonisti, anche noi possiamo cercare e incontrare, attraverso
l’altro, il nostro “lato ignoto” per un’esistenza più consapevole. Questa è solo una delle tante letture che offre il film “Mavro livadi”, nel
quale sono racchiuse molte tematiche, tra cui la religione, la sessualità e la condizione femminile in quell'epoca.
Vi invito
dunque a venire a godervi questo bel film (in lingua originale con sottotitoli in italiano), che verrà finalmente (!) proiettato nello storico e indispensabile Cineclub Detour, in via Urbana 107 a Roma.
Per ulteriori informazioni trovate l'evento su Facebook:
o sulla pagina del Cineclub Detour:
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