La mia registrazione di una mattinata primaverile trascorsa in compagnia di Petros Màrkaris e dei ragazzi della scuola Lianokladiou di Lamia, accompagnati dalla intraprendente insegnante Ioulia
Gkika. Un bellissimo ricordo.
I giovanissimi studenti avevano lavorato durante l'anno scolastico, sui romanzi dello scrittore
greco e, in gemellaggio con una classe italiana, su quelli del nostro Camilleri, per realizzare, infine, una rappresentazione teatrale ispirata ai polizieschi dei due autori.
In un giorno di marzo, in un giardino ateniese, ero lì insieme ai
vivaci discenti visibilmente emozionati per questo incontro con
P. Màrkaris, il quale, con la sua affabilità, ha messo tutti a proprio agio...
...L’atmosfera è molto allegra, mi piace osservare l’ingenua trepidazione di questi ragazzi ancora un po’
bambini e sono curiosa di ascoltare le loro domande per Màrkaris
e le interessanti risposte dell'autore.
Spiros: I suoi romanzi sono
molto attuali, come mai?
Màrkaris: I romanzi e i racconti
che scrivo hanno a che fare con l’attualità, perché mi interessa raccontare il presente e non il passato.
Tuttavia, anche il passato ha a
che fare con l’oggi, ovviamente. Per esempio, il mio romanzo “Si è suicidato il
Che” racconta i Giochi Olimpici del 2004 e, tornando indietro di trent’anni, l’epoca della dittatura dei Colonnelli. In tal caso, il passato mi è servito per spiegare problemi del presente.
Erotòkritos: Come nasce l’idea per un
libro?
M.: Questo è difficile da
dire. Non esiste un modo per farsi venire un’idea, non basta mettersi seduto e
aspettare che questa arrivi, ma, a volte, l'idea è già dentro la tua testa.
Era da tempo che volevo scrivere
un romanzo sulla mia città natale, ma continuamenterinviavo, perché avevo
paura: paura della mia commozione, dei miei sentimenti; temevo che i ricordi mi
avrebbero fatto perdere la lucidità per scrivere. Temevo che la commozione e le
lacrime mi avrebbero offuscato la vista.
Finché un giorno, mia figlia, allora aveva
circa trent’anni, mi disse: «Lascia
stare, non ha molto senso che tu ci stia ancora a pensare. Se non ce la fai, lascia perdere, non importa».
Il problema era che appena
cominciavo a scrivere, iniziavo a provare tutto ciò che temevo: la commozione, il
turbamento e tutto il resto.
Succedeva anche qualcos’altro: ogni
storia che mi tornava alla mente, tornava ogni volta con maggior forza.
Con i personaggi era anche
peggio: appena ne creavo uno, ne arrivava, improvvisamente, un altro realmente esistito, che faceva svanire il primo nell’aria. L’ultimo arrivato era, infatti, sempre più vivido di quello da me creato.
A un certo punto, ebbi l’idea
dell’anziana donna omicida che compare già nel primo capitolo.
Allora, capii che la mia assassina era stata una
persona reale, ossia la donna che aveva cresciuto me e mia sorella. Si chiamava
Maria, Maria Kampou ed era entrata a far parte della nostra famiglia nel ’42. Morì
in una casa di riposo nel 1973, quindi visse con noi per ben 31 anni. Quando l’origine del personaggio mi fu più chiara, mi fu più facile proseguire nella stesura del romanzo.
M.: Ci sono scrittori che amano
creare i propri personaggi attraverso la loro fantasia e scrittori che si
ispirano a persone reali. Io appartengo a questa seconda categoria. Come è
accaduto per il personaggio di Maria, di solito non invento del tutto i miei eroi,
ma in qualche modo questi esistono già nella mia mente, poiché si tratta per lo
più di persone che ho incontrato e conosciuto.
Michaìl: Avete scritto altro,
oltre ai romanzi?
M: Ho scritto racconti, un’autobiografia, sceneggiature, opere teatrali, ho scritto molto e testi di vario
genere.
Sokràtis: Quale dei suoi libri ama
di più?
M.: Posso dire senza riserve che
il più amato è l’ultimo: “La balia” perché è un romanzo molto personale, parla della
mia infanzia e del luogo in cui sono nato e cresciuto. Questo è il libro che più
mi ha emozionato.
Se per contro mi chiedi qual è il
libro che ritengo più vicino al mio modo di pensare e al mio senso di giustizia,
ti rispondo: “Si è suicidato il Che”, in quanto è un romanzo che contiene
valutazioni molto personali, che non hanno a che fare con i ricordi della mia vita, ma con le mie idee sociopolitiche.
Panos: Quale dei suoi libri è il più
amato dai lettori?
E’ strano, ma ogni paese ha il
suo. In Grecia il più amato è “Si è suicidato il Che”, poiché
parla della sua Storia, dalla Dittatura dei colonnelli alle Olimpiadi.
Ai tedeschi piace soprattutto “La
lunga estate calda del commissario Charitos”.
Gli amici di Costantinopoli preferiscono su tutti “La balia” perché parla della loro Storia.
In Germania, stranamente, questo romanzo che io amo tanto, non è andato molto bene, mentre è stato
molto apprezzato in Italia, così come in Spagna.
Far conoscere ai tedeschi il
colpevole sin dall’inizio, come accade in "La Balia”, è un errore, ciò li disturba, loro
vogliono giocare il gioco dall’inizio alla fine.
Per gli spagnoli e gli italiani è diverso, perché a loro interessa soprattutto l'intreccio narrativo del romanzo. Infatti,
Camilleri, a volte, dichiara il colpevole sin dal principio. Lo stesso faceva in Spagna Velasquez
Montalban. I loro lettori hanno, in qualche modo, interiorizzato questo tipo di scrittura.
Vàsia: Ha scritto anche per la
tv, vero?
M.: Sì, ho scritto la
sceneggiatura di una serie televisiva per tre anni : “Anatomia di un delitto”.
Al terzo anno, quando avevo realizzato ormai ben 65 episodi e capii di non poter andare oltre, così dissi al direttore
della rete televisiva: «Basta,
basta! Non ne posso più!»
«Sei
pazzo? Guadagni un sacco di soldi!»,
rispose.
Era vero, ne guadagnavamo molti, ora
non è più così.
«Mi spieghi perché dovremmo fermarci?», insistette lui.
«Perché
mi annoio, non ne posso più. Cambia il programma, interrompilo, trova un altro Sono affari tuoi, io vi saluto!»
«Va
bene, cercherò una soluzione».
Improvvisamente, mi apparì davanti una famiglia di tre persone: un padre una madre e un figlio - non sapevo ancora
che quel figlio era una ragazza. Si trattava di una tipica famiglia
greca piccolo borghese. Nel vederli persi le staffe, non volevo averci nulla a che fare, avevo ben altro di cui occuparmi .
Non ce l’ho con la piccola
borghesia, ma la letteratura, il teatro, la televisione, il cinema
sono pieni di piccolo borghesi, su di loro non avrei potuto scrivere nulla di nuovo. Se gli altri hanno già detto tutto, a te cosa resta da dire?
sono pieni di piccolo borghesi, su di loro non avrei potuto scrivere nulla di nuovo. Se gli altri hanno già detto tutto, a te cosa resta da dire?
Ma quel tipo era talmente
cocciuto che non mi lasciava in pace. Io cercavo di scrivere al computer e me lo
ritrovavo davanti.
Passa un mese, passano due mesi,
era un vero tormento, non riuscivo a lavorare e avevo ancora un episodio da
terminare, era un lavoro di una noia mortale, ma se non l’avessi consegnato nei tempi, sarei stato sul serio un uomo morto.
A un certo punto mi sono detto: “Pensaci
un momento: quest’uomo che ti tortura o è uno sbirro o un dentista”.
Appena capii che si trattava di
uno sbirro greco, seppi anche che si chiamava Costas Charitos, che la donna,
sua moglie, si chiamava Adriana e il “figlio” Caterina.
Tutte queste informazioni le conoscevo
già, erano evidentemente dentro di me e aspettavano solo il momento giusto per venire
fuori.
Miranda: Quale personaggio dei suoi
romanzi ama di più?
M.: Ma Charitos, ragazza mia, chi altri?
Un giornalista tedesco mi ha
chiesto una volta: «Come
scrive di Charitos?».
Dunque, è molto semplice: mi
sveglio la mattina, mi rado, mi preparo il caffè e mi siedo a chiacchierare con Charitos.
Lui mi racconta cosa ha fatto e io poi lo scrivo.
Il bello è che questa scena si ripete ogni volta. Il brutto è che prima o poi Charitos mi avrà detto tutto e io dovrò trovare un altro personaggio.
Il bello è che questa scena si ripete ogni volta. Il brutto è che prima o poi Charitos mi avrà detto tutto e io dovrò trovare un altro personaggio.
Stavros: Ha mai pensato di
scrivere storie di immigrazione?
M.: Le storie degli immigrati mi
interessano molto, moltissimo.
L’immigrazione è un problema che ci
riguarda, ma non è sempre stato un fenomeno negativo. Molte città europee, come
Lubecca in Germania e altre in Italia, sono nate grazie all'immigrazione, grazie a gruppi di uomini che si sono insediati dove hanno trovato l’acqua e i fiumi,
dando vita alle città.
Delle volte, mentre sono al lavoro sul mio computer, sento arrivare da fuori – sotto casa c’è un phone-center
– la voce di qualcuno che, in un’altra lingua, urla al telefono, cercando di
parlare con qualcun altro che si trova chissà in quale parte del mondo.
Quando quest’uomo urla, io non
sento la sua lingua, o meglio la sento, ma ciò che sento è un uomo greco che, da
una piccola stazione in Germania nel 1961, ’62 o ‘63, chiama e grida: «Sono io, Maria! Come stanno i bambini? Maria!».
Nelle mie orecchie quel grido continua a risuonare, è stato il grido del nostro popolo, solo che ora ce ne siamo dimenticati.
Nelle mie orecchie quel grido continua a risuonare, è stato il grido del nostro popolo, solo che ora ce ne siamo dimenticati.
Lo stesso vale per gli
italiani, per gli spagnoli, tutti hanno fatto quella telefonata.Allora, non dovremmo puntare
il dito sugli immigrati, perché anche noi lo siamo stati. E come adesso questi
uomini cercano di portare qualche soldo nel loro paese, così lo hanno fatto i
greci, gli italiani, gli spagnoli.
Oggi, il più famoso magistrato
tedesco sapete chi è? È un italiano, si chiama Di Caprio, è figlio di immigrati, ha
studiato in Germania, ha fatto il dottorato e ora è magistrato.
Mavra: Come possiamo realizzare l’integrazione
secondo lei?
M.: Ci sono innanzitutto due
regole da seguire: la prima che i figli, ma in particolare i genitori immigrati,
imparino la nostra lingua, quella greca, perché l’inserimento senza la
comunicazione linguistica è impossibile.
In secondo luogo, chi emigra dovrebbe
imparare anche le regole e le tradizioni della società in cui si inserisce.
Queste due norme le stanno
adottando anche i tedeschi, negli ultimi quattro anni, dopo averne pagato le spese: infatti, fino a oggi in Germania, un greco o un turco poteva nascere,
crescere, andare a scuola, trovare lavoro e sposarsi, senza sapere una sola parola
di tedesco e senza avere nulla a che fare con la cultura tedesca.
I ragazzi ringraziano P. Màrkaris e invitano me e lo scrittore a Lamià, per la prima del loro spettacolo, che avrà come protagonisti i commissari Kostas Charitos e Salvo Montalbano. Sarà uno spettacolo emozionante!
(Traduzione di Viviana Sebastio)
I ragazzi ringraziano P. Màrkaris e invitano me e lo scrittore a Lamià, per la prima del loro spettacolo, che avrà come protagonisti i commissari Kostas Charitos e Salvo Montalbano. Sarà uno spettacolo emozionante!
(Traduzione di Viviana Sebastio)
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